Non tantissimo tempo fa, si usava fasciare i bambini neonati. Avete presente una mummia? Beh, più o meno così.
La credenza era che per far loro crescere le gambe dritte, le avrebbero dovute tenere fasciate, giorno e notte, per almeno un anno.
Ciò accadeva non tanto tempo fa, bensì una generazione fa, quella dei miei genitori. La mia mamma realizzava quest'operazione a mio zio, suo fratello minore.
Se non me l'avesse raccontato, non l'avrei mai saputo, né immaginato.
Mi raccontava che i bambini così fasciati erano soliti piangere disperatamente, sia perché non erano liberi di muoversi, sia perché facendo i loro bisogni si sentivano spesso... non a loro agio!
Ed ecco allora le donne a srotolare tutte queste garze e a rifasciare il bambino, non so quante volte al giorno. Un lavoraccio!
I bambini così conciati venivano collocati in quest'arnese di legno che vedete nelle foto, chiamato in dialetto (ovviamente il termine italiano non lo conosco e non so se esiste) stompu. Era, quindi, una specie di girello immobile, dove tener fermo e a bada il bambino, mentre la mamma era indaffarata nelle faccende di casa.
Mi chiedo: "chissà se queste pratiche volessero preannunciare ai bambini, appunto in fasce, che la vita era e doveva essere, secondo la religione imperante, rinuncia e sofferenza!?".
Può darsi, ma senza andare troppo in là, era sicuramente frutto di usanze e convinzioni popolari attraverso le quali sono comunque cresciute generazioni e generazioni!
Etichette: Costumi e Società