Parcheggiamo l'auto in una suggestiva piazzetta nel cuore del Salento, piena zeppa di macchine parcheggiate, più veicoli che anime. Con due paia di scarpe in una busta entriamo in un edificio alla ricerca del calzolaio.
Purtroppo nel nostro paesino di calzolai non ce ne sono più; con la morte dell'ultimo erede di questo mestiere obsoleto, benché indispensabile, nessun altro ha deciso di intraprendere quest'attività. E pensare che tanti di noi cerchiamo non so cosa, quando basterebbe un'idea e un po' di impegno nel realizzarla!
Lasciando da parte le mie noiose digressioni polemiche, proseguo il racconto dal momento in cui varchiamo la soglia dell'abitazione. Mi ritrovo dinanzi una stanza vuota che preservava la struttura di un antico barbiere/parrucchiere. Vista la tendenza, soprattutto nei decenni scorsi a disfarsi di tutto ciò che era considerato vecchio, poco moderno e ormai poco funzionale, sono rimasta a dir poco a bocca aperta!
Scendiamo, quindi, giù per le scale in uno scantinato. Pur essendo accesa la luce, la sensazione di oscurità era predominante! Vuoi per l'umidità sulle pareti, le ragnatele e la polvere, vuoi per l'immensità di attrezzi e scarpe vecchie che occupavano ogni singolo centimetro di spazio, chiunque scendesse in quei luoghi era sopraffatto da un'atmosfera dantesca.
Davanti a noi un signore provava un cappotto di pelle, mentre una signora, la moglie del calzolaio, lo osservava per gli ultimi ritocchi. In fondo alla stanza si profilava la figura del maestro, intento nel suo lavoro e non curante della clientela in attesa. Quello che poteva sembrare un atteggiamento maleducato era in realtà la normalità. Solo quando il signore finisce di provare il cappotto e fa spazio a noi nuovi arrivati, riceviamo la nostra dovuta accoglienza. Riusciamo a raggiungere il maestro in fondo alla stanza e gli consegniamo le scarpe.
La signora ci invita a sedere. Non oso descrivervi la poltrona su cui mi sono seduta, ma posso dire con sincerità di non aver abbandonato tutto il peso del mio corpo su di essa se non dopo almeno cinque minuti. Erano le 11:10 del 21/12/2012. La signora ci ricorda che fra un minuto sarebbe scattata l'ora x della fine del mondo. La situazione sembrava già di per sé apocalittica, i discorsi fatti contribuivano semplicemente a conferirgli una maggior dose di... assurdità. Confesso per un momento di aver pensato: "Magari qui sotto terra ci salveremo!".
Mentre il marito lavorava le scarpe, la signora cuciva calzature in pelle su misura; quest'ultima, scherzando sulla presunta fine del mondo che ci aspettava e rivolgendosi al marito, esclama: "Almeno ce ne andremo tutti e due assieme! Meglio di così?".
La passione con cui i due coniugi ottantenni portavano avanti la loro attività era sbalorditiva. Affascinava e faceva pensare.
Il mio accompagnante, dirigendoci verso l'auto, mi fa notare come spesso il lavoro è vita, come chi svolge il proprio lavoro con passione... non muore mai!Etichette: Costumi e Società