"Raccogliere le more in Salento" dovrebbe essere un'attività, uno sport, un passatempo, una di quelle attrazioni turistiche più autentiche. Perché? Perché fino alla mia generazione si faceva. Eravamo piccole e d'estate riempire le buste di more, a costo di graffi e grida tra una lucertola e l'altra che si ritraeva sotto i rovi pungenti, era il top.
Così come raccogliere i fichi e, non di meno, le cozzedde (le lumachine bianche). Che piacere farlo!
Se ci ripenso, è come se il sole fioco del tramonto e gli odori della campagna mi avvolgessero tutto d'un tratto e iniziassi a compiere un viaggio, un viaggio nello spazio e nel tempo.
Quest'estate ci ho riprovato! Come sono solita fare ultimamente, ogni volta che torno a casuccia cerco di ritagliarmi degli spazi in cui poter intraprendere dei mini viaggi spazio-temporali.
Andare a raccogliere i fichi è stato quasi impossibile... era troppo presto... a fine luglio ancora non sono maturi. Mi sono tolta lo sfizio di raccoglierne uno e mangiarlo all'istante, ma non è stato possibile portare nu panaru (un cesto di vimini) a casa.
Che dire delle cozzedde? Neanche a pagarle! O meglio, pagandole qualcosa si trova, ma... inutile dirvi che non è la stessa cosa.
L'uso ormai diffuso di pesticidi impedisce a questi saporiti animaletti di afferrarsi alle piante. È difficile ormai vedere le campagne invase dopo un bel temporale estivo, quando i campi erano "adornati" dalle lumachine e noi bambine ci precipitavamo a raccoglierle.
Però, signore e signori, sono riuscita a raccogliere un gruzzoletto di more! La mancanza di un contenitore adeguato mi ha trattenuta dal farmene una scorta, ma ce n'erano in abbondanza.
Che belle! E che odore!
Le mani mi si sono magicamente dipinte di viola... il delirio!
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Le more appena raccolte |
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