Nelle calde vacanze estive di quest'anno in terra salentina, ho letto un libro molto interessante dal titolo "La storia costruita. Storia di tabacchine grike a Sternatia nel dopoguerra".
Il fatto di aver vissuto da piccola alcuni anni della coltivazione del tabacco in Salento e i racconti di mia nonna che iniziavano sempre col "quando io andavo a lavorare in fabbrica..." hanno stuzzicato la mia curiosità e il mio interesse nell'approfondire l'argomento.
Contenta della lettura, questa non poteva far altro che ispirare un mio post e, nel contempo, spingermi a chiacchierare con mia nonna.
In questa pubblicazione, difatti, manca proprio lei. Tante sono le tabacchine sternatesi intervistate, allora mi sono detta... "perché non fare qualche domandina anche a mia nonna?".
Ed ecco qui la sua preziosa testimonianza.
- Quando hai cominciato a lavorare come tabacchina?
A 14 anni. La legge non permetteva di iniziare prima, anche se la tua bisnonna, a mo' di favore, mi ha inserita nella fabbrica del castello a 12 anni. Successivamente sono stata cacciata via perché ero troppo giovane. Quindi mi hanno assunta nella fabbrica di Don Antonio Mastrolia. Ho lavorato per 3-4 giorni, poi quando il padrone se n'è accorto sono stata mandata via anche da lì.
Dai 12 ai 14 anni sono andata a raccogliere le olive. Ero una grande lavoratrice. Riempivo tutto il paniere e venivo pagata più delle altre, che ne raccoglievano di meno. Compiuti finalmente i 14 anni sono entrata di diritto in fabbrica (nel castello di Sternatia).
- Fino a che età hai lavorato?
Quando ero incinta del secondo figlio lavoravo ancora. Ho continuato fino agli anni '60, fino ai miei 35-40 anni circa, perché poi mi sono ammalata.
[...]
Per poter avere il "premio maternità" dovevi avere un certo numero di contributi e il ginecologo doveva esprimere parere favorevole. Non erano sufficienti i contributi che avevo e li ho dovuti comperare. Così facendo sono riuscita ad avere diritto alla maternità. Tutto grazie al favore del medico ginecologo.
- Qual era l'orario di lavoro?
Entravo alle 7:30 e uscivo alle 12. Alle 13 bisognava rientrare, per poi finire la giornata alle 15:30. Uscivo dalla fabbrica alle 12, mia madre era la cuoca di un ente per la maternità e l'infanzia. Faceva pronto e tutte le operaie che erano incinta dai 7 mesi in poi andavano lì, mangiavano e poi ritornavano di fretta in furia in fabbrica per il turno del pomeriggio.
Il ginecologo, il pediatra, ecc. venivano nella sede di quest'ente e visitavano rispettivamente le donne incinta e i bambini. Era un servizio gratuito.
- Ogni quanti giorni venivi retribuita?
Ogni 15 giorni.
- Tu cosa facevi esattamente?
All'inizio, durante i primi 10 anni, facevo la spianatrice, poi l'imballatrice e guadagnavo di più. Poi sono stata impiegata al torchio, per cui ero retribuita ancora meglio. A seconda dell'esperienza ti spostavano. C'erano le imballatrici di prima, seconda e terza categoria. Quella di terza prendeva di meno. Quella di prima guadagnava di più e doveva fare, infatti, un lavoro preciso e perfetto.
- Chi era la "mescia" (la maestra)?
La mescia si chiamava Emma Minerva e la sottomescia Costantina Ancora.
- E come si comportavano con voi?
La maestra era brava però stava attenta che fosse rispettato il silenzio, che si lavorasse.
Si poteva cantare quando arrivava la Settimana Santa o si recitava il rosario alle 15, sempre però mentre si lavorava, senza fermarsi mai.
La mattina si portava la colazione, un panino, e si consumava lavorando (anche se era vietato).
Quando venivano gli ispettori, la mescia li portava a vedere il tabacco, mostrava loro il lavoro svolto. La sottomescia, invece, era colei che dirigeva i lavori. Doveva saper riconoscere le categorie dei tabacchi, confrontare quelli della stessa tipologia e unirli per formare la balla di tabacco finita. Essa si legava, si portava vicino alla bascula per pesarla, di modo che il ragioniere scrivesse il peso, il numero di targa della balla (che indicava il tipo di tabacco). Si portava quindi nella stipa, una stanza buia (ognuna nell'apposita stanza, a seconda della categoria). Finita la lavorazione, venivano a ispezionare le balle.
Durante l'estate, quei depositi di tabacco si dovevano capovolgere dall'altro lato, almeno un paio di volte. Le più raccomandate andavano anche l'estate a fare queste giornate extra. Arrivava quindi il momento della spedizione verso settembre-ottobre: quando il tabacco era ormai stagionato, si inviava nelle manifatture su dei camion, che passavano a prenderlo.
Quando uscivi dalla fabbrica, la sottomescia si metteva vicino alla porta e ti ispezionava per vedere se rubavi del tabacco. La gente era solita nascondere del tabacco di contrabbando tra le pietre dei muretti a secco in campagna.
- E gli scioperi? Ho letto che se ne facevano tanti...
Si! [Ride] Un giorno io ero al piano di sopra con 8 imballatrici a fare il torchio. C'eravamo messe d'accordo per l'indomani, una doveva fare le polpette, io dovevo portare il formaggio, l'altra il vino, ecc. In realtà era proibito portare tutto ciò. Si poteva portare a mala pena un panino. Non sapevamo che l'indomani ci sarebbe stato lo sciopero. L'indomani mattina arrivammo in fabbrica cariche di cibo e ognuna di noi nascose il cibo sotto il cappotto, per non farsi vedere. Chi con le uova, chi con le polpette con il sugo, tutte e 8 abbiamo nascosto il tutto come più potevamo. Faceva ridere la Lucia con la pentola piena di polpette al sugo nascosta sotto il cappotto e la sciarpa!
Aneddoti e curiosità
La coltivazione
Se inoltravi la domanda per un certo numero di are di tabacco, non potevi coltivarne di più. Gli ispettori
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Me e mia sorella sul terreno in cui i miei nonni materni
stanno mettendo a dimora il tabacco nei solchi |
controllavano e tiravano le piante che avevi piantato in più. O se quel tabacco era già appeso per l'essiccazione, lo facevano bruciare. Non era permesso produrre più di quanto era stato richiesto nella domanda iniziale.
I sotterfugi
Dopo averlo prodotto ed essiccato, il contadino portava il suo tabacco in fabbrica. Il perito agrario addetto ad analizzarlo, ispezionava il tipo di tabacco e, a seconda della sua qualità, faceva la sua offerta per l'acquisto.
Si racconta che durante tutto il processo di produzione e lavorazione, avvenivano vari sotterfugi. Spesso, ad esempio, si pagava la mescia perché, durante il controllo, scoperchiasse la parte della cassa in cui vi era il tabacco migliore. In genere si sistemava quello migliore da un lato, di modo che il perito non vedesse il resto, di qualità più scadente.
La sistemazione negli sporti avveniva cercando sempre di mettere in evidenza il tabacco migliore o si riempivano anche gli spazi meno visibili di terra per aumentarne il peso.
LEGGI ANCHE: Il tabacco del Salento (parte 1)
Approfondimenti:
La storia costruita. Storia di tabacchine grike a Sternatia nel dopoguerra. Pubblicazione
Oroverde. Cortometraggio
Al canto delle tabacchine. Blog post
Le tabacchine. Documentario
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